Il Patriarca, crime al contrario per stare al passo con i tempi: la recensione
Il poliziesco vecchio stampo fa spazio ad un crime in cui più che scoprire cosa faranno i buoni intriga sapere se i cattivi la faranno franca
Un crime al contrario, in cui più che i poliziotti ad interessare sono i criminali: Canale 5 prova a far svoltare la propria fiction con Il Patriarca, affidandosi a chi, in passato, ha invece raccontato storie di poliziotti disposti a tutto per amore di giustizia. Ora la musica è cambiata, ed il pubblico vuole storie più audaci.
Il Patriarca, la recensione
La Taodue di Pietro Valsecchi -insieme a CamFilm– ha prodotto una storia ben lontana dai polizieschi a cui ci aveva abituato in passato. Già con Rosy Abate-La serie, d’altra parte, ci eravamo accorti che il vento stava soffiando in nuove direzioni: così come in quel caso, anche ne Il Patriarca protagonista non è il classico personaggio buono, ma un vero e proprio villain.
Se la serie con Giulia Michelini dava alla sua protagonista un barlume di speranza per ricredersi e rifarsi una vita senza dover sempre scappare, la serie che ha appena iniziato il suo viaggio si affida invece all’esatto contrario. La forza motrice della sceneggiatura sta infatti nel generare la curiosità di un pubblico che non vuole sapere se i buoni vinceranno anche questa volta, ma vuole scoprire se il cattivo la farà nuovamente franca.
Le aspettative si capovolgono, ed il risultato è un curioso prodotto per Canale 5 e Mediaset Infinity, rete che ultimamente (lo abbiamo scritto spesso) sta cercando di percorrere più strade possibili per quanto riguarda il racconto seriale. Sempre, però, affidandosi a volti che sono una garanzia del genere, come -in questo caso- Claudio Amendola.
Va ammesso che fa un po’ strano vedere un attore a cui la tv ha affidato ruoli paterni, che garantivano sicurezza e stabilità, vestire ora i panni di un imprenditore che maschera i suoi affari con l’azienda ereditata dal suocero, che non si fa scrupoli ad uccidere un uomo e che è convinto di poter mettere tutti ai suoi piedi aprendo il portafogli.
Il Patriarca ti aggancia, anche se non immediatamente: gli snodi della trama, quelli che tengono lo spettatore lontano dal telecomando, non arrivano subito. All’inizio, alcuni momenti-spiegone necessari per mettere le carte in tavola rischiano di dare l’impressione sbagliata di una serie che, invece, diventa godibile quando è lo stesso protagonista Nemo ad entrare in azione, smettendo di parlare e basta ma sporcandosi lui stesso le mani.
Si genera così quel gioco a scoprire se sarà scoperto oppure no di cui scrivevamo poco fa: un gioco a cui la fiction generalista non è abituata, avendo sempre dato per scontata la prospettiva del personaggio buono come quella principale.
Ma nell’epoca delle piattaforma, della moltiplicazione dei racconti e dei linguaggi e soprattutto di personaggi diventati iconici pur non essendo fulgidi esempi di morale integerrima, Il Patriarca vuole che anche la tv “vecchio stampo” stia al passo con i tempi.